A piedi, nel fiume che attraversa le Gole del Dades, in Marocco, una luce al pentaprisma si riflette sui volti dei bambini che incontro e i loro diversi modi di accogliermi mi restano addosso.
Il Marocco e gli sguardi dei bambini
Le Gole del Dades corrono insieme al fiume, e i Kenyon ,che vedevo dall’alto, diventano fauci enormi in cui camminare dentro, senza averne paura, tanta è la bellezza che piomba addosso dall’alto. Un Marocco roccioso si apre. Si possono mettere i piedi in un’acqua trasparente, come i due ragazzini della foto, che vi pescano con un amo improvvisato. Si possono acquistare delle babbucce fatte a mano da un bambino che non ti aspetti, così come si può incontrare un bambino su un mulo che si volta dall’altra parte perché non gli si rubi l’anima con una fotografia.
E si possono incontrare due anziani che dialogano del loro privato, seduti a terra a Boumalne, una cittadina non lontana dalle Gole del Dades, e riuscire a rubare un po’ di questa loro anima spensierata.
Dalle Gole del Dades andando a ritroso ma anche proseguendo
Che poi, il Marocco, è, l’anima dei marocchini, in tutta la loro compostezza, nei colori degli abiti, negli sguardi ipnotici, insomma, la Natura del Marocco senza marocchini non avrebbe lo stesso meraviglioso impatto. Sentono fortemente la loro terra e dalla terra ricavano quello che gli serve. Li ho trovati gentili, disponibili, sfuggenti e malinconici. Quando sorridono c’è qualcosa nei loro volti che mi distoglie da tutto, riescono sempre a catturare il mio sguardo, a corrompermi. Il paesaggio edificato, che in Italia mi infastidisce perché non è in sintonia con l’ambiente, qui, ovunque ci si giri, ne è parte integrante, si mimetizza per tonalità e per materiali utilizzati. Gli occhi non sono mai disturbati, anzi, c’è compiacimento, c’è grande stima. Mi lascio dietro le Gole del Dades, gli occhi lucidi, ma so che Ouarzazate non mancherà di stupirmi.