Cento anni di fotografia Leica rappresentati nell’Ala Brasini del Vittoriano, da non perdere.
Le pagine di un monumento
Il Vittoriano dall’alto somiglia a un’enorme macchina da scrivere e questo piccolo dettaglio poetico ci rende questo monumento un narratore di storie.
Non è solo il Complesso dedicato a Vittorio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia, quindi già notoriamente una presenza autorevole in quella Piazza Venezia crocevia della quotidianità frenetica, ma anche un altare che commemora tutti gli altari della patria e tutti i patrioti caduti in una guerra.
È facile dunque immaginarselo come la macchina da scrivere da cui sono usciti tanti romanzi storici, tanti diari biografici, tante sceneggiature di film. E di fianco al Colosseo non è facile ottenere tanto prestigio.
Ma il Vittoriano sfodera i suoi assi nella manica: da simbolo dell’Unità d’Italia a spazio espositivo per grandi opere d’arte. Un vero incontro tra fotografi e uno dei monumenti più fotografati di Roma.
Così la guadagnata centralità romana lo acclama tra i luoghi più visitati e, le mostre, come quella sui 100 anni di fotografia Leica, lo posizionano all’interno di un panorama culturale interessante, moderno, sempre attento.
L’unica ed eccezionale tappa italiana, a Roma.
Quella 35 mm provvista di pellicola ne ha fatte di fotografie, oggi considerate d’epoca e con un valore inestimabile. Quel bianco e nero che ha fatto la storia, raccontato vicende, anzi, sottolineato vicende, in un modo unico e raffinato.
Ma una sola tappa italiana, a Roma e fino al 18 febbraio, per trovare insieme gli autori che hanno imbracciato la Leica: da Henri Cartier-Bresson a Gianni Berengo Gardin, da William Klein a Robert Frank, a Robert Capa a Elliott Erwitt e molti altri.
La fotografia a rullino, persa, ma non del tutto scomparsa.