L’aulicità della Medersa è palpabile, lo stesso il cortile interno, più colorato e vivace. Le preziose rifiniture di legno lasciano senza fiato. Nulla è nudo.
Spaesata nel Souq
Girovago addentrandomi nel Souq di Marrakech in cerca della Medersa di Ben Youssef. Tra colori di spezie e il bianco degli abiti dei marocchini, in quella spettacolarizzazione che è il commercio, cercando di non pensare alle scimmie con le catene al collo. Anche se è difficile non farlo. Ho una lama conficcata nello stomaco nel passargli di fianco.
A un tratto i volti delle donne e degli uomini si fanno artistici. Più mi avvicino al cuore di questa città più emergono contorni diversi da Jamaa el Fna. Mi indicano la Medersa.
Piccole celle
La Medersa è una scuola teologica che insegna il corano. Il contrasto tra gli intarsi delle cupole di cedro e il bianco alle pareti, tra i balconi in legno traforato e il cortile adorno di mosaici ispano-moreschi, è qualcosa che non si dimentica più.
Resto a fissare un bambino che corre tra le colonne, e guardo una coppia, potrebbero essere moglie e marito. Ciò che me li fa ritrarre è il gesto di lei. Sono seduti in terra, assorti nei discorsi privati. Lei nota la macchina fotografica e si copre il volto con un ventaglio. Lui continua a parlarle, disinvolto, è una scena che rivela la situazione delle donne marocchine. Ma è un quadro fotografico che mi piace, colorato, velato.
Il silenzio, nonostante ci siano diversi visitatori, rispecchia la sacralità e sontuosità del luogo.
Al piano superiore resto a guardare immobile una delle stanze adibite un tempo all’accoglienza degli studenti, celle di 3 metri quadri, solo alcune peraltro, con finestrelle come quelle dei lillipuziani che affacciano sul cortile interno.