Il Crèmera come risultato di tante vite
Vi voglio raccontare di questo Torrente, il Valchetta – Crèmera, che non ha due nomi, bensì tre, perché in un tratto delle Valli del Sorbo prende il nome di Fosso della Mola di Formello.
Il racconto parte da una mostra fotografica, “Vi ho rubato il Crèmera @30.5”, la mostra della fotografa e scrittrice Emanuela Gizzi. Parte da un cammino sul Crèmera, una di quelle avventure fangose e pericolose che si fanno perché ci si vuole inzuppare le scarpe la dove un tempo si sono combattute battaglie, hanno abitato i nostri antenati etruschi, si sono inventate opere di ingegneria idraulica all’avanguardia.
La Gizzi ha voluto fortemente rintracciare l’origine di questo torrente di cui, sia la mappa del Parco di Veio, dove il Crèmera scorre, sia i ricordi delle persone, rintracciano nella confluenza di tre fontanili diversi. Una specie di triangolo delle Bermuda dentro il quale una forza superiore genera un corso. Ma dov’è la vera sorgente?
Per arrivarci, l’autrice, è partita dalla foce, quindi dal Tevere, dove il Crèmera si lascia andare, dopo aver attraversato vallate, rocce, cunicoli etruschi, forre e insediamenti urbani.
L’autrice ha preferito costruire anche la mostra partendo dalla fine. Un po’ come una lettrice che legge l’ultima pagina e sfoglia un libro al contrario. Diciamo che la Zona di Labaro non è lo scenario ideale per concludere un percorso, anzi, il Crèmera, secondo gli scatti della Gizzi, soffre passando sotto la cassia bis: non solo viene oscurato e risucchiato dai terreni malnutriti ma inglobato sotto la cementificazione del grande raccordo anulare, insieme anche a un piccolo ponte romano, sovrastato dall’urbanizzazione dissacrante.
Dalla foce alla sorgente agli alberi della valle
“Il Crèmera è faticoso da risalire” ci racconta stavolta la camminatrice e meno l’autrice, che invece zaino in spalla lo ha sfidato “soprattutto nei tratti che sono stati intrappolati dalle proprietà private e quelli difficili da guadare”. Nonostante questo, lei lo ha percorso a tappe: dai Bagni della Regina in poi, lungo la terra figlia degli etruschi, fino al Biotopo del Follettino e quindi in quel magico bosco che circonda la Cascata dell’Inferno.
Intorno al Crèmera gli alberi fortificano lo scorrere delle sue acque. E l’autrice ha preferito dedicare una parte della mostra agli alberi, per dare la giusta importanza a entrambi i percorsi.
“Alberi sconsacrati, che non appartenevano a nessuno e che ora sento di possedere solo per il fatto di averli rubati, fotografandoli” ci dice la Gizzi mostrandoci alcune fotografie “Alberi che hanno nutrito il mio corpo, che sono il risultato di tutte le vie che hanno dovuto indicare, se pur fermi dentro le radici. Spettinati, nudi, pieni di foglie, selvaggi, romantici. Questo sono gli alberi del Crèmera, vestiti di resilienza”.
E la sorgente si affaccia poco più avanti. Sotto una galleria vegetale. Sotto un luogo che si chiama “il casco delle cornacchie”, una gola misteriosa e silente.
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“Nel ridiscendere la gola ho assorbito i filtri di luce, il luccichio delle foglie bagnate, l’odore muffato delle cortecce. Ho toccato la pancia di questo tratto di Crèmera embrionale e assorbito l’elettricità boschiva ramificatasi intorno. Mi sono sentita risucchiata e accolta allo stesso tempo”.
Tracce di questa mostra si possono trovare sulla pagina facebook dedicata proprio alla mostra.
Ma si possono trovare anche in cammino, immergendo i piedi in acqua: dall’antico Mulino della Mola di Formello fino al Santuario della Madonna del Sorbo, il Crèmera, presenta i tratti più belli di questo viaggio.