In Jeep 4×4 è più facile superare gli ostacoli, valico così le Gole del Dades, imponenti deserti rocciosi, per alcuni versi simili alla Ziz Valley, tondeggianti, erosi insistentemente, in una forma di rigatura quasi matematica, precisa, tanto da rasentare la perfezione.
Altro Canyon, altro giro
Tagliate di netto, le pareti salgono dalle scarpe in su, per molti metri, forse quaranta. Ma questo tratto è breve. Presto il dorsale lievita sotto i miei piedi e una serie di Canyon si aprono il varco tra loro, sorprendendo lo sguardo. Sono intermittenti, incastrati uno dopo l’altro, si ricamano addosso disegni astratti o nature verdeggianti, a seconda dei gruppi di roccia a cui appartengono.
La strada ruvida che percorro si insinua tra i bordi, li schiva e quindi prosegue verso uno scenario di altri Canyon, altre emozionanti stratificazioni.
Le rocce appaiono scanalate dal pugno duro dell’atmosfera e, di nuovo, è impossibile non farsi suggestionare da questi corpi scultorei che somigliano più a vere e proprie opere d’arte che a un paesaggio naturale.
Tra quelle indaffarate giostre di terra rossa si apre improvvisamente un grande terrazzo. Lì è facile respirare. Tutta la vita scorre sotto di me e il cielo si sposta sopra, con tutte le sue alchimie. Mi sento compressa in questo abbraccio, non faccio fatica a sentire tutto quello che tracciano la mano di Dio e quella dell’uomo. Sembrano fatti per appartenersi.
Diversi da chi?
Il mio unico respiro viene interrotto dall’apparizione di due persone: una donna e una bambina. Sono così interessanti, così forti. Sembrano essere uscite fuori da un universo parallelo e, per un attimo, penso di sognarle poi la donna mi fa un cenno, come a salutarmi, e allunga una mano. Gliela stringo. Io sono così lattea e lei così bronzea. Io sono così europea e lei così africana. Ci separa il suo foulard nero, che le copre sia bocca che naso. Riesco a percepire appena gli occhi neri, così intensi.
È corpulenta, io un po’ più magra. Le sorrido poi sorrido alla bambina. La mano della bambina si stringe più stretta a quella della madre, ci si nasconde dietro. Facevo lo stesso nella mia infanzia protetta. Fanno lo stesso gli elefanti piccoli quando si nascondono dietro l’’ombra dell’elefante adulto.
A destra e a sinistra del grande panorama, nelle Gole del Dades si profilano solo villaggi di tende, nessun’altra abitazione. Resto lì sospesa. Siamo tre profili così diversi. Ma diversi da chi?
Dico solo “Wonderful” e la donna acconsente con un gesto positivo della testa. Non c’è bisogno di molte parole, il pensiero non può essere diverso di fronte alle cose belle, alla pace e ai colori. Tutto è così universale, solo gli esseri umani non lo vedono.
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