La cascata dell’Inferno è un dipinto verde della vita, quella naturale, protetta dalle masse, nascosta come un segreto, selvaggia
Prima di essere ingoiati
La Cascata dell’Inferno non è semplicemente la destinazione finale di una camminata o di un percorso: in realtà la vera attrattiva di questo luogo, di per sé già molto surreale, è il bosco che bisogna attraversare per arrivare nella gola.
La gola è proprio un’ugola, o almeno gli somiglia. E il palato è la roccia che si solleva alta, robusta, le fauci spalancate come se volesse addentare e ingoiare chiunque sosti sulla sua lingua di terra.
Arrivare sotto questa trionfante parete naturale non è facile, almeno non se si passa per il bosco. C’è anche un altro modo, più semplice, di raggiungerla, dall’alto, scendendo lungo un pendio, ma ci si perde tutto quello stupore che spesso creano le attese.
Il bosco si estende dal Biotopo del Follettino verso la Sorgente del Crèmera.
È un tratto spesso accidentato con alberi caduti, rocce muschiate, e tratti percorribili solo via torrente. Ciò significa che La Cascata dell’Inferno si può raggiungere solo in periodi poco piovosi e che il getto d’acqua che sgorga dall’alto non è torrenziale. Tuttavia è scultorea, enigmatica, ha una potenza di massa muscolare che fa rimanere col fiato sospeso.
Ma insisto sul bosco. La spettacolarità la si assapora se si fatica per ottenerla. E allora ecco che il sentiero di fogliame diventa una strada giallo-bruciato, i resti di qualche carcassa il simbolo di una vita che scorre, gli alberi, tutti insieme, tutti altissimi, il brusio che fa da colonna sonora all’attraversata.
Ci sono, lungo il Crèmera, una serie di cascatelle che, in alcuni punti, hanno scavato vere e proprie risacche naturali, come delle bacinelle d’acqua in cui si può pensare perfino di immergersi.
Nel regno alberato
L’odore del bosco ti salta addosso in modo prepotente ma non è un lupo affamato è più un essere fatato che vuole farsi guardare, annusare, fotografare.
Ogni luogo ha una sua storia, una sua origine. Le valli dell’Inferno fanno parte di piano chiamato Sic, ovvero Sito di Interesse Comunitario, una specie di luogo-non-luogo, uno di quei posti che esistono ma è bene che non si trovino in mappa. Un luogo a cui si riconosce un valore aggiunto e che, però, pone dei veti, tipo il divieto di calpestio durante i periodi di riproduzione della Salamandrina dagli occhiali, una specie di anfibio che altrimenti rischia l’estinzione.
Sottoposta a tutela del Parco di Veio, la Cascata dell’Inferno ha raggiunto un suo microclima e, forse, è per questo che si respira un’aria diversa: l’umidità la rende più pesante, più calda. E quest’atmosfera tersa tira fuori gli spiriti delle cortecce, i profumi più diversi dal fogliame caduto, dai muschi che hanno catturato le rocce, dall’acqua che inciampa a ogni albero morto.
Respirando intensamente questo lungo tratto emozionale si vive a pieni polmoni il momento in cui le voragini della Cascata dell’Inferno si spalancano.
Della stessa Autrice:
Sul Crèmera Un cuore solitario a Veio La Francigena è il risultato dei pensieri che viaggiano Sulla rotta dell’Angelo Il disvelamento della Misericordia
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