Più grande del Messico, più estesa del mar Mediterraneo e con una superficie pari ad almeno otto volte a quella dell’Italia: è la Pacific Trash Vortex. La più grande isola di plastica che sta distruggendo l’ecosistema
Pacific Trash Vortex: l’isola di plastica, la più grande discarica al mondo
Non stiamo parlando di un eden naturalistico situato nel cuore dell’Oceano Pacifico. Bensì della Pacific Trash Vortex, un’immensa chiazza galleggiante, costituita da miliardi di spazzatura che, ogni giorno, abbandoniamo in mare. Situata, in modo approssimativo, tra il “135esimo e il 155esimo meridiano Ovest e fra il 35esimo e il 42esimo parallelo Nord”, in uno spazio compreso tra le isole Hawaii e lo stato della California. Questa gigantesca isola di plastica ha una superficie complessiva di circa 2,6 milioni di chilometri quadrati. Si è costituita a seguito dalla lenta ma progressiva accumulazione di microframmenti di plastica, sospinti al largo dal mare e dal vento.
Questi frammenti, talvolta talmente piccoli da non poter essere individuati senza specifici strumenti di precisione, stanno avvelenando progressivamente i nostri mari. Stanno, quindi, uccidendo flora e fauna sempre più sulla via dell’estinzione. Del resto, una formazione così impressionante, non dovrebbe sorprenderci più di tanto. L’accumulo di plastica, infatti, è dovuto al vortice sub-tropicale che si forma nelle acque del Pacifico. Queste, smosse dai venti impetuosi, creano un vero e proprio circolo in cui l’acqua è in movimento solo all’esterno del vortice stesso. Condizione più che favorevole per creare un movimento anomalo in cui i detriti vanno accumulandosi l’un l’altro a un ritmo incessante.
Pacific Trash Vortex, le conseguenze ambientali
Non sfuggono, anche ai meno esperti, le conseguenze ambientali che l’enorme massa di plastica, la Pacific Trash Vortex possa avere sull’ecosistema, sempre più fragile e bisognoso di protezione. I rifiuti di origine biologica non destano alcuna preoccupazione, potendo ben essere smaltiti grazie alla loro biodegradabilità. La plastica e i rottami marini, invece, oltre ad avvelenare le acque, incidendo, di fatto, anche sulla catena alimentare, tendono a distruggere il già fin troppo fragile equilibrio di un ecosistema sempre più in balia di qualsiasi tipo di inquinamento.
Un’isola di plastica di dimensioni così importanti, pare sia grande quanto l’intera Francia, sicuramente non poteva lasciare indifferente l’opinione pubblica. E c’è anche chi come Al Gore, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti, prova a rivendicarne l’identità, cercando di riconoscere la Pacific Trash Vortex come un vero e proprio stato, corredato di bandiera, francobolli, valuta e passaporto. La proposta di Al Gore, ora al vaglio delle Nazioni Unite, mira a restringere la superficie dell’isola. Ma, per poter smantellare questo accumulo di rifiuti, è necessario che il “costituendo Stato” possa godere della protezione ambientale concessa agli altri Paesi. Proprio per intervenire nel modo più preciso e puntuale possibile, senza generare ulteriori rischi per l’ambiente.
Ecosistema a rischio: le discariche galleggianti nel mondo
Purtroppo per l’ecosistema, la Pacific Trash Vortex non è l’unico caso di isola di spazzatura galleggiante. La Great Pacific Garbage Patch, dalla superficie tre volte più grande a quella della Spagna, sta minando la salute dell’Oceano Pacifico con le sue tonnellate di plastica galleggiante, estese per decine di chilometri quadrati. L’Atlantic Garbage Patch, scoperta all’alba degli Anni Settanta, oggi vanta un triste primato, consistente nella presenza di oltre duecentomila detriti per chilometro quadrato. E, come se non fosse abbastanza, nemmeno il Mediterraneo può dirsi immune da rischi ambientali derivanti da tonnellate di plastica galleggiante. E, nel caso del Mediterraneo, le conseguenze possono essere anche più letali, giacché si tratta di un bacino circoscritto.
Il problema di queste discariche a cielo aperto è di quelli da affrontare in modo serio e coscienzioso. Per cercare di arginare un fenomeno in così rapida espansione. L’Atlantico, l’Oceano Pacifico e il Mar dei Caraibi, anch’esso lambito da tonnellate di detriti inquinanti, hanno il diritto di tornare agli antichi splendori, restituendo ai turisti il piacere di nuotare e di specchiarsi in acque pure e cristalline.