Se si pensa ad un esploratore, l’iconografia ci porta a pensare ad uno dei più famosi. David Livingstone e, proprio con la mente rivolta a lui, analizziamo ad un viaggio estremo in solitaria alla scoperta del Congo e del suo omonimo fiume.
Stiamo parlando dell’Africa nera ancora selvaggia e pericolosa ma la più adatta per vivere l’avventura che porta a scoprire luoghi, popoli, culture e animali che non si trovano altrove sulla faccia della terra.
Impressionante il gigantesco bacino del fiume Congo che occupa oltre tre milioni e settecentomila km². L’importante corso d’acqua termina la sua corsa dopo 4500 chilometri da dove nasce. L’esplorazione del Continente Nero e, del Congo in special modo, risale al XV secolo. I portoghesi navigarono lungo le coste dell’Africa per scoprire una rotta alternativa per arrivare all’antica Via delle Spezie. Le caravelle inviate da re Giovanni, superarono il Golfo di Guinea, trovando l’estuario del fiume che chiamarono ‘Zaire’ ed il popolo dei Kongo. Oltre le relazioni con i portoghesi, il Congo dovette attendere fino al 1816 quando dall’Inghilterra partì l’esplorazione di James Tuckey. Fu affidato l’incarico di risalire il fiume Congo per incontrare una spedizione inglese che stava esplorando il fiume Niger.
Esisteva l’errata concezione che i due fiumi fossero in realtà un unico grande corso d’acqua. La spedizione Tuckey oltrepassò il luogo dove erano giunti i portoghesi alcuni secoli prima. Addentrandosi per oltre 400 km senza concludere la missione perché tutti i membri morirono a causa di febbri tropicali che li sterminarono. Livingstone, che stava effettuando una spedizione sullo Zambesi, venne a sapere del grande fiume e raggiunse nel 1854 il lago Bangweulu, trovando il fiume Luapula. Pensò essere il fiume Congo che credeva collegato con il Nilo. Anche altri esploratori come Schweinfurth, sempre durante il XIX secolo, sbagliarono ipotesi trovando fiumi che credevano essere il grande Congo, fino a quando, finalmente, si riuscì a terminare la sua totale esplorazione.
Il fiume nasce dai monti Mitumba nella parte meridionale del lago Tanganika. Esce per immettersi nel lago Bangweulu dal quale esce verso nord originando una serie di cascate per poi giungere fino al lago Mweru. Prosegue fino al Katanga per entrare nella foresta centroafricana, ricevendo importanti affluenti che lo rendono ancor più maestoso. Scenografiche le trentadue cascate Livingstone che si trasformano nell’esteso estuario di 150 km che si affaccia nell’Atlantico.
Altro viaggio estremo in solitaria vede come destinazione Khumbu, nel profondo Nepal dove si trovano le cime montuose più alte di tutto il pianeta. Occorre partire dalla capitale Kathmandu che merita di essere visitata almeno per un giorno prima di partire con un volo interno per Lukla da dove cominciare il trekking verso Phakding. Seguendo il sentiero che conduce a nord verso la valle del Dudg Kosi si entrerà nel Sagarmatha National Park e poi verso Namche.
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Emozionante sarà l’attraversamento del ponte sospeso sopra la confluenza dei fiumi Dudh Kosi e Bhote Kosi e, prima di giungere a Namche, si potrà ammirare il poderoso Everest.
Una volta giunti è consigliato rimanere almeno un giorno in quella che è conosciuta come la capitale degli sherpa per abituare il fisico alle grandi altezza.
Il giorno dopo il trekking continua verso l’Everest attraversando la piccola Sanasa e il villaggio di Phunki Thanga per poi raggiungere il monastero di Tengboche.
Dopo un pernottamento d’obbligo, si raggiunge Khumjung, il più grande villaggio del Khumbu dove si dice che il gompa era in possesso del cranio di uno Yeti.
Il rientro verso Namche è il preludio di una ripida discesa fino a Jorsale e poi a Lukla da dove si prenderà il volo interno per la capitale e la fine di una emozionante avventura.
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