Il mare è sempre stato irresistibile per noi italiani. Popolo di navigatori, santi e turisti della domenica, soprattutto per chi fosse talmente fortunato da abitare ad una distanza ragionevole da invitanti coste e fresche acque.
A metà del secolo scorso, quando il ricordo della guerra cominciava a svanire, lasciando il posto all’impellente necessità di realizzare i propri desideri. La scoperta della gita al mare, oltre a rinvigorire gli animi, regalava l’opportunità di riscatto dalla vita difficile.
Aver tempo e risorse da dedicare a se stessi, alla famiglia, agli amici era un lusso che andava diffondendosi. La spiaggia, quella libera, veniva raggiunta con ogni mezzo. Il treno, la bicicletta, la motoretta e per qualche fortunato anche l’automobile.
Non essendoci le restrizioni di sicurezza dei nostri giorni, era normale incrociare un’intera famiglia arroccata sul sellino di una vespa oppure un paio stipate dentro a una bianchina. Niente aria condizionata, i piccoli sulle ginocchia dei più grandi, i panieri ricolmi di abbondanti libagioni a profumare l’abitacolo.
Già ci si riconosceva mentre si era tutti in fila. Al mattino presto, in cerca del parcheggio migliore, all’ombra, i bambini organizzavano da soli i loro giochi. Le mamme attente a controllare i costumi delle figlie. Meglio se interi e coprenti, semplici. Se il capofamiglia non disapprovava troppo si poteva azzardare anche il due pezzi, come si era visto al cinema. Mutanda alta e reggiseno bello scolpito.
Le signore non sempre osavano il costume. Meglio la vestaglietta. I piccoli spesso nudi o con le mutande bianche, i ragazzi e i papà con il tradizionale pantaloncino blu.
C’era poi da piantare l’ombrellone. Applicare l’apposita tenda. Stendere i piccoli teli sulla sabbia e cominciare a preoccuparsi che i piccoli non facessero il bagno troppo presto e i giovanotti non si avvicinassero troppo alle signorine.
Ovviamente a mezzogiorno pastasciutta, frittata, cotolette e cocomero. Tutto annaffiato con del buon vino. Riposino e calma nelle ore più calde. Partita a bocce con il vicino di ombrellone. Spesso anche vicino di casa. Chiacchiere, bagno di mare o di sole, a seconda dei problemi fisici da risolvere, sabbiature, volontarie o forzate, smontaggio e preparazione per il rientro, stanchi ma tanto tanto felici.
Oggi è diverso, la giornata al mare o il preferibile week end, sono semplici intermezzi, un assaggio della vacanza vera che ci aspetta a metà dell’estate o fuori stagione, forse in un altro continente.
Sempre bella, ma non così desiderata e attesa com’era negli anni cinquanta. L’abitudine e la routine alle volte ci fanno persino rinunciare. Troppo stress la prova costume, sempre più piccolo e stiloso. Troppo imbarazzo se non c’è stato il tempo di passare dall’estetista, poi troppo caldo. La temperatura dell’acqua troppo fredda, la sabbia troppo bagnata. Ma quando riusciamo a ignorare queste preoccupazioni, sempre ordinatamente in fila, nelle nostre auto private, con le cinture di sicurezza ben allacciate, gli airbag pronti a proteggerci.
I bambini assicurati ai seggiolini con il tablet in mano a distrarli dalla noia. I teli giganti e leggeri tutti coordinati nel borsone colorato in compagnia dell’accappatoio simpatico a forma di animaletto e almeno tre tipi di protezione solare, una cesta gigante di giochi da spiaggia, tutto l’armamentario per il cambio bebè, e restiamo in ascolto, è facile sentire la gioia invaderci.
Scoprire di aver fretta di arrivare, di affondare i piedi nella sabbia calda e poi correre a riva, senza farsi accorgere, a salutare quel mare che solo ora ci accorgiamo esserci mancato così tanto.
Arriva la sera e siamo senza fiato: abbiamo riso, giocato e respirato l’aria di tanto tempo fa, in fondo niente è cambiato.
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