Le visite teatrali che svolgiamo nei luoghi della città, dalla Moschea al cimitero Acattolico, da Ostia Antica ai Gazometri, sono incentrate su una doppia emozione: uomo e luogo.
Raccontare la storia degli scienziati e poeti arabi medioevali nella moschea, o recitare le poesie di Keats o Shelley sulle loro tombe, o ancora ascoltare le storie di Caravaggio di fronte la famosa finestrella della sua dimora romana, è qualcosa di unico. Un’emozione esponenziale.
Il teatro è introspezione: scavare nell’animo, lasciando all’immaginazione i luoghi fisici in cui siamo immersi. Il cinema invece è esternazione. Scontrarsi con il reale mondo circostante, amplificando all’esterno le proprie emozioni. Quando una trama si snoda nei suoi palcoscenici naturali… non ci si può limitare al solo concetto di teatro.
Quell’uomo o quella donna in un altro Luogo sarebbero diversi. Quel luogo, senza quegli Uomini o quelle Donne… non sarebbe stati tali. La recitazione di uomini e donne, nei luoghi stessi dove sono maturate le loro storie, forse è da considerare come una forma più alta, più complessa per le percezioni dell’animo umano… un Teatro Reale.
Rappresentare storie sulla più sorprendente tra le civiltà antiche in una domus romana, in un thermopolium o nel calidarium di un gruppo termale non può essere solo teatro.
E’ qualcosa in più. E’ una forma più alta, perché esalta il vero potere di quelle pietre millenarie. Quelle infatti non sono semplici pietre… sono sentimenti fossili. Le hanno forgiate uomini e donne, le hanno vissute uomini e donne… che hanno scritto la Storia. Solo recitandogli accanto, quei sentimenti antichi potranno finalmente rigenerare calore ai nostri sensi.
La Storia non si può leggere come un elenco di nozioni. La Storia è un processo intrecciato di fatti e sentimenti. Il grande attore italiano Giorgio Albertazzi quando recitava “Le memorie di Adriano” della Yourcenar nella “sua” Villa Adriana è stata forse la massima espressione di Teatro Reale. Quando il regista Emanuele Crialese verso la fine del pluripremiato fim “Nuovomondo” fa guardare i suoi protagonisti fuori dai finestroni di Ellis Island, e lì affacciati commentano i grattacieli lontani senza che vengano inquadrati per lo spettatore… quello non è cinema… è teatro. Se fai vedere anche dei grattacieli finti è cinema… se lasci all’immaginario è teatro.
Teatro reale quindi, perché non è più sola introspezione se i luoghi sono veri e non immaginari e Teatro Reale, maiuscolo, perché è una forma più alta di rappresentazione. All’emozione umana s’intreccia quella, inscindibile ad essa, del Luogo, il suo genius loci.
Il sentimento dell’Uno è parte dell’Altro e insieme esplodono nella massima Arte della Finzione ossia, la riproduzione della Storia, quella vera… nei sentimenti di Chi, Come e Dove, l’ha inesorabilmente vissuta.
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