L’ acqua è creativa, pur essendo un elemento inafferrabile, riesce a darsi delle forme. Mentre l’aria scava la terra e la modifica, l’acqua ci si adagia dentro.
Andare in giro, a guardare il mondo muoversi, è un passatempo interessante e spesso si collezionano immagini che apparentemente non hanno nulla a che fare tra loro. Ma poi tutto improvvisamente cambia. Si trovano delle somiglianze.
Quando dico che l’acqua è creativa intendo che ha una sua storia e ne racconta mille altre, che è capace di moltiplicarsi, come i pani.
E allora ecco che, se pur seduta su una panchina di Piazza del Popolo, improvvisamente, si materializza davanti agli occhi e, nel modo più impensato, mi narra una fiaba tra il reale e l’immaginario. La Piazza è come sempre gremita di turisti, famiglie a passeggio, gente che si è reinventata un lavoro.
Proprio come il tipo che, da una bagnarola azzurra -dove immerge dei bastoncini nell’acqua saponata-, facendo leva contro l’aria, fa volare, tra uno scalmanato gruppo di bambini, grappoli di bolle scoppiettanti.
I riflessi dell’arcobaleno scintillano sopra le teste di tutti, mentre le mani piccoline si levano per toccarli. È una sensazione di pace, di innegabile invidia verso quei bambini, che saltano, gridano, rincorrono tante forme di acqua leggera.
Non è difficile immaginare che un bacino di acqua, che sia lago, che sia mare, ti esploda nel cuore, soprattutto al tramonto, quando il rosso si impossessa della quiete dell’orizzonte.
Mi capita di ritorno da Anguillara Sabazia. Guido ascoltando Vasco in radio e l’aria di settembre mi sbatte in faccia, metà tiepida, metà fresca. In un attimo, gli alberi e le siepi che avevano finora offuscato la veduta, si diradano, vanno giù come un muro abbattuto.
E l’acqua rossa, tanto creativa quanto immobile, si accende di lato, come una lampadina che ha una gran voglia di illuminarmi. Mi fermo sul ciglio della strada. Stravolta dalla pari intensità del sole calante e dell’alone aranciato -che gli si ramifica intorno-, dalla pastosità delle cromature, non posso fare altro che stare lì a guardare e basta. Mentre la forma dell’acqua, pur essendo indefinita, traccia un percorso di sé stessa pieno di punti luce e ombre, di drammi e bellezza. Tanta disinvolta bellezza.
Ma non è tutto perché l’acqua riesce a stupire sempre, anche quando si è certi serva solo per dissetarsi, lavarsi, innaffiare.
Si materializza su un muro. Nel Rione Borgo. Sono in giro tra le case storiche, laddove, tra le tante serrande chiuse, ce n’è una che attrae la mia attenzione: una Lupa campeggia simbolica e nel pieno dei suoi colori. Ma quando tiro su il viso e guardo la vecchia insegna mi accorgo che c’è scritto: Società Sportiva Lazio. Sorrido e mi inchino al Nasone per bere. Poi gli occhi mi vanno su un muro rosastro. C’è una figura disegnata, di ragazza. La bocca aperta in attesa che una goccia le cada in gola. Non so bene cosa mi attragga ma penso al fatto che al mondo tanta gente non ha questo bene primario e che invece, noi, ne approfittiamo senza pensare che dovremmo moderarne l’uso. Tutelarla.
Della stessa Autrice:
Giornata mondiale dell’Acqua La forma del Crèmera L’acqua cattiva del Ponte Rotto Nella gola dell’Inferno L’ultima porta dell’Acqua Vergine
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