Nei paesaggi di sabbia del Marocco ci sono anche luoghi come la Foresta dei Cedri e le Gole dello Ziz che sembrano entrambi nomi di fantasia di una fiaba, eppure, viaggiando, prima o poi si incontrano.
La Foresta dei Cedri rimane su strada, è un piccolo polo d’attrazione per via delle scimmie acrobatiche che, con gli occhietti tra le fronde, bambineschi, elemosinano cibo e, se gli stai particolarmente simpatico, ti fanno una carezza sul viso.
Divertenti e giocherellone se ne stanno appese anche a testa in giù, libere e buffe, penzolano assumendo pose e facendo smorfie. Si può stare anche un’ora a guardarle, il loro teatrino è argutamente studiato e finiscono sempre per ottenere succulente ricompense dai visitatori.
Sgranano gli occhi solo quando gli uccelli della Foresta emettono i loro assordanti acuti, si distolgono dal loro ruminare come se quel suono le portasse lontane col pensiero, rimangono assorte per pochi minuti pensando a qualcosa di indefinito, poi ti sorridono, quando meno te lo aspetti, e il cuore si spalanca.
La strada torna per un po’ sabbiosa, sbuffata da un vento caldissimo, quasi panneggiata, solo a un certo punto, d’improvviso si fa tutto limpido, fermo, granitico.
Ecco questa è la Valle dello Ziz. Prima di entrarci, dall’alto di un paesaggio remoto, sono riuscita a intravedere l’impronta di un arcobaleno: tagliava a metà un cielo ferroso e dalle grandi vibrazioni onomatopeiche, come sussurri, sibili, voci di fate e poi di demoni che si confrontavano.
L’interno della Valley, risucchia gli occhi con grande scaltrezza. È un richiamo potente. Ziz è il giusto termine per chiamare un posto zigzagante, rotondo, poi voraginoso. Poi ipnotico.
Le rocce non sono levigate ma rigate, scalfite da uno scalpello maniacale, una roccia dopo l’altra, erose da un istinto impulsivo-compulsivo.
Sfregiate come se quello fosse un rito di corteggiamento, una visione ossessiva di un artista, quindi il risultato scultoreo di un onnipotente.
Un Canyon piccolo ma il cui periplo non può essere mancato.
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