Costruita per volere del Senato l’Ara Pacis era il luogo in cui si celebrò la pace Augustea, a seguito delle imprese che l’Imperatore portò positivamente a termine in Gallia e in Spagna. Da quel nono secolo in poi, le vicissitudini e i cambiamenti di questo altare, che ha visto sacrifici e anche inondazioni, viene oggi recuperato e reso fruibile in 3D.
Le chiamano visite immersive e sono sostanzialmente innovative, in grado di avvicinare il pubblico vasto alla storia attraverso una ricostruzione fedele dei monumenti, strade e quartieri romani.
Qui i personaggi, le divinità e anche gli animali prendono vita narrando le origini di Roma e di Augusto in una forma di realtà virtuale e aumentata che sta prendendo sempre più piede nel turismo 3.0.
Significa calpestare Campo Marzio, assistere a un sacrificio romano con i propri occhi, vedere l’Ara Pacis, oggi avorio, colorarsi di quelle tinte originarie di cui era rivestita, galleggiare volando sulla storia.
E, già questa esperienza extra-terrena, varrebbe la visita. Ma l’Ara Pacis nel corso degli anni, nel ritrovarsi curata, amata e protetta ha saputo divenire un Museo importante e al centro della scena romana.
Al momento l’Ara Pacis ospita una mostra dedicata ai 70 anni della Magnum Photo, l’agenzia fotogiornalistica più conosciuta al mondo che, rimettendo sotto i proiettori fotografie che hanno segnato tante epoche diverse, vogliono andare oltre il mito, da loro stessi creato, e rileggere il tempo immortalato.
E lo fanno con esperienza perché il concetto è che, nel 1947, sono stati i primi a porsi il problema della proprietà dell’immagine e a risolverlo con un modello economico innovativo che garantisse ai fotografi la legittimità autorale.
Ho voluto estrapolare due immagini tra le tante foto che si trovano esposte nel Museo.
La prima è una foto che non serve commentare ha un impatto emotivo struggente. L’ha scattata Marc Riboud nel 1967, c’era la guerra in Vietnam e Jan Rose Kasmir, durante una manifestazione pacifista davanti al Pentagono, va incontro alla guardia nazionale americana con un fiore in mano.
La seconda l’ha scattata Jonas Bendiksen nel 2000 e ritrae due uomini che raccolgono i rottami di una navicella spaziale precipitata presso Altaj, in Russia. Ma l’effetto immaginifico lo creano le farfalle che svolazzano intorno alla scena regalando alla storia dei contorni poetici, surreali, come di neve che cade.
Della stessa autrice, monumenti di Roma in 3D:
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