Questa è l’opera di Giotto di Bondone c.1266-1337, nato a Colle di Vespignano nel Mugello vicino Firenze, più completa e quella realizzata quasi completamente dal grande maestro che ha rivoluzionato la pittura altomedioevale, inserendo concetti nuovi dove viene rivalutata la natura e la storia. I suoi personaggi non sono rappresentati come umili e asceti sofferenti ma come uomini pieni di dignità e grande peso morale i cui atti sono eccezionali, storici.
Nella Cappella, fatta costruire presso l’Arena da Enrico degli Scrovegni tra il 1303 e il 1305, Giotto ci appare nell’assoluta pienezza dei suoi mezzi. Rappresenta le storie della vita di Maria e di Gesù distribuite su tre fasce sovrapposte di trentasei riquadri. Sulla fronte ed ai lati dell’arco trionfale sono raffigurati la Missione dell’Eterno a Gabriele, l’Annunciazione, la Visitazione e il Tradimento di Giuda, mentre la parete opposta interna è affrescata con una grande rappresentazione del Giudizio Finale. La volta a botte a tutto sesto è invece affrescata con un cielo stellato e ritratti a mezzo busto iscritti in spazi rotondi, raffiguranti la Madonna con il Bambino, Cristo benedicente, Profeti e Santi.
Il tema trattato negli affreschi, è desunto in parte dai Vangeli apocrifi, prediletti dalle predicazioni monastiche. Giotto però lo interpreta con un tono molto più severo e pacato rispetto al ciclo assisiate. Il suo linguaggio formale è chiaro e ampio e rispecchia la profonda grandezza morale del suo animo. Qui rappresenta con monumentale , definitiva chiarezza anche i più semplici atti della vita quotidiana, basti vedere l’Annuncio a S. Anna dove è rappresentata un’ancella che fila nella piccola stanza attigua dove l’Angelo appare alla Madre di Maria. Questo semplice, umile spunto di vita domestica è servito a Giotto per rendere più convincente la realtà storica dell’evento sovrannaturale.
Nel Compianto di Cristo deposto la composizione trova unità senza tuttavia irrigidirsi in schemi simmetrici nella distribuzione dei vari personaggi attorno alla spoglia giacente. Calcolati respiri di spazi scandiscono nell’insieme l’impeto patetico del tema iconografico che viene esaltano da forme grandiose di blocchi impietriti.
Anche il paesaggio desolato partecipa attivamente al dramma con la nuda roccia della montagna che con la sua inclinazione discende verso la parte principale del gruppo di Maria e di Cristo . In questa scena la figura umana prevale in modo assoluto, quasi a preannunciare quello che sarà con l’umanesimo l’arte toscana del Rinascimento.
Arch. Renzo Mancini
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