Prosegue il diario di viaggio alla scoperta dell’Uganda e del Rwanda. Qui di seguito potrete leggere gli articoli precedenti.
Rwanda e Uganda diario di viaggio: Africa vera, Africa nera
Viaggio in Rwanda e Uganda: un visto… da paura!
L’ 08 siamo stati a Ruhengeri, abbiamo vagato per la città e ci siamo imbattuti in una cerimonia religiosa presso la chiesa cattolica locale. Siamo entrati ed abbiamo scoperto, tra i canti collettivi, una coppia di sposi. La cerimonia è apparsa semplice e gioiosa e gli invitati hanno partecipato attivamente alla celebrazione: il tutto lontano anni luce dalla severità e dal rigore imposto dai parroci nostrani che sull’altare di una malintesa ed anacronistica solennità spesso sacrificano ogni residua vitalità del rito.
I molti invitati erano tutti vestiti a festa e ci guardavano incuriositi. Ho scattato molte foto fuori la chiesa e la festa, in fondo, mi è apparsa molto simile alle nostre: gli sposi hanno dovuto baciare tutti, poi sono saliti su una jeep imbandita e sono stati “traslocati” via. Circa un’ora dopo, quando eravamo in giro per il paese, li abbiamo visti di nuovo mentre erano costretti ancora a solcare avanti ed indietro la strada principale di Ruhengeri, preceduti da un pick up con il semirimorchio pieno di amici in ghingheri, tutti con i telefonini in mano a far riprese e fotografie. Dentro la jeep nuziale anche la sposa inviava sms e lo sposo aveva un’aria decisamente annoiata. La scena era decisamente felliniana: eleganti giovani accalcati su un carro, altrimenti
adibito al trasporto bestiame, intenti a far foto, con i loro telefoni ultima generazione, all’auto in corsa degli sposi nel mezzo di uno sperduto, anonimo, polveroso villaggio africano ai piedi della foresta equatoriale.
Per tornare in paese, dalla chiesa, abbiamo preso due bici-taxi: aggrappati sul sedile posteriore della bicicletta siamo stati scortati da due giovani: è stato divertente. Lungo la strada ho visto decine di persone con una tuta tutta arancione: erano i detenuti in attesa di giudizio perchè sospettati di crimini commessi durante il genocidio del 1994! Alcuni mi hanno salutato gridandomi “muzungu”, letteralmente “uomo bianco”, l’equivalente di “negro”, ma con nessuna “cattiveria”.
Anche il 09 siamo stati a Ruhengeri. La mattina abbiamo passeggiato per una strada secondaria tra i campi e le capanne. Sciami di ragazzini ci hanno seguiti. Noi cercavamo qualcuno che potesse portarci al lago Bulera e, quelli più grandi, cercavano in ogni modo di intermediare l’“affare”. Alla fine abbiamo ceduto alle pretese di un moto-tassista e, per 500 franchi rwandesi ($. 10), lui ed un suo collega prontamente reperito si sono aggiudicati l’”asta”.
Così, siamo stati condotti a far benzina e, appena usciti dal distributore, il mio “motista” si è visto scoppiare la ruota anteriore: nessuna conseguenza per me, purtroppo affare svanito per lui, immediatamente sostituito da un altro mototassista fiondatosi su di noi. Per giungere al lago Burera abbiamo svoltato a destra lungo la strada per la frontiera con l’Uganda (a pochi chilometri di distanza) e ci siamo buttati in una stradaccia di ciottoli e terra battuta: è stata un’avventura inaspettata e incredibile. Lungo il sentiero abbiamo incontrato centinaia di bambini, case di paglia e fango e fanciulli lavorare in una primitiva fornace per mattoni; gente che vede un turista veramente di rado a giudicare dall’entusiasmo con il quale venivamo salutati al nostro veloce passaggio in moto.
Una povertà allucinante, fatta di niente: terra e capanne, solo pochissime di mattoni. L’Africa che ti offre la televisione, che credi lontanissima, è in realtà ad un passo dal circuito turistico, che è limitatissimo. Svolti l’angolo ed i bambini urlano di gioia vera nel vederti, salutano, gridano, saltano in una continuità che a me appare delirante per quanto mi sorprende. Avevo visto i bambini accerchiare festosamente i turisti solo nei filmati delle onlus, quelli per strapparti una donazione; adesso che scendiamo dalle moto, invece, ci corrono incontro a decine, ci saltano al collo, vogliono toccarci, tutti incredibilmente sorridenti e, apparentemente, felici nei loro stracci sporchi. Chi ti accarezza un braccio, sorpreso dai peli, e ride; chi ti stringe le mani; chi vuole fare “pugno contro pugno” in gesto di saluto leale. Le urla e la confusione quasi ci spaventano, temiamo che qualcuno allunghi le mani nei nostri zaini perchè i moto tassisti intimano ad alcuni bambini di allontanarsi. Ma forse vogliono solo la bottiglia dell’acqua in bella vista. La diamo a quello che, con gli occhi, la segue con più insistenza e che, poi, salta di gioia scappando con un trofeo… mezzo vuoto!
Il lago Burera, in realtà, non è un posto turistico, ma è bello, un tipico lago di montagna tra pendii ripidissimi; le insenature sono decine e decine e la costa è frastagliatissima; ma non ci sono spiagge, semplicemente dove finisce la terra e l’erba incomincia l’acqua. Quest’ultima non sembra pulita, ma forse è la mancanza di sole, le troppe nubi e la pioggia leggera che cade a smorzare i mille colori dell’Africa. Rimasti soli, il paesaggio ci appare lievemente malinconico, solitario, ma la gioia e le grida dei bambini che ci raggiungono di corsa sin là ci ricordano subito di essere in posto magnifico.
Nel pomeriggio siamo rimasti in albergo perchè ha iniziato a piovere forte e, purtroppo, non ha più smesso. Meglio così, ci riposiamo, domani ci attende il pezzo forte del viaggio: l’escursione alla ricerca dei gorilla di montagna!
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