Il silenzio va ascoltato
Il Santo Sepolcro di Acquapendente non avrebbe bisogno di presentazioni se non fosse che è praticamente ignorato, pur essendo un opera incredibile.
Quando si viaggia, qualsiasi sia la meta, la strada di mezzo non porta alla scoperta del mondo ma a tanti piccoli mondi. E così ogni luogo che si visita: non si palesa una sola anima ma mille, come un pensiero articolato.
Vi è capitato mai di rimanere coinvolti dal pathos di una cripta tanto da sentire il buio ramificarsi nella testa e avere la necessità di chiudere gli occhi per poter annusare l’odore della pietra, ascoltare il silenzio del suo ventre e arrivare a quell’energia viva che senti muoversi tra gli strati d’aria?
Entro nella cripta del Duomo di Acquapendente, un giorno, e questa visita mi lascia, appunto, la sensazione di un pensiero articolato. Cioè tante cose insieme da codificare.
Innanzitutto il buio è grigio, con una densità di luce minima, quasi ovattata, le colonne come trochi di alberi, cristallizzate nel tempo, e forti, tanto da resistere alle bombe e agli incendi intercorsi. I capitelli sono figure zoomorfe e quindi mi sento osservata, ma anche accompagnata, in questo viaggio sensoriale.
Sembra di essere in un microclima protetto. La cripta non è una cripta qualunque ma quella che custodisce il Santo Sepolcro più antico d’Europa, un luogo dal forte impatto emotivo, sia perché è la trasposizione della Gerusalemme celeste e quindi non solo una tappa della Francigena ma un’autentica meta di pellegrinaggio, sia perché ci si rende conto che siamo in una cittadina italiana.
L’enclave dei Templari, che si riuniva su questo stesso luogo quando ancora era un semplice monastero, i Crociati che hanno trasportato fin qui il sacello con il sangue di Gesù, i Pellegrini che successivamente si sono fermati, esattamente dove sono io, per chiedere l’indulgenza, sono tutti quei mondi di cui ho trovato nota in un luogo solo e infatti, mi fanno pensare a un popolo solo, un periodo storico, un unico grande destino. Poi guardo il sacello, puntandogli sopra la luce del cellulare, cerco traccia del sangue di Cristo ma in realtà ciò che mi incuriosisce di più, mi rendo conto, è la grandezza del reliquiario, così minuto eppure così importante da racchiudere tutti quei pensieri insieme.
Di fianco al Sepolcro c’è un affresco che raffigura San Michele Arcangelo, con una bilancia in mano, mentre pesa l’anima dei morti. Mi incammino sulla Francigena col pensiero di aver lasciato indietro il peso anche della mia, poi il rumore di un corso d’acqua mi distrae, mi affaccio giù da un muretto, sotto scorre il torrente detto della Quintaluna. Mancano quindi, secondo un’antica traduzione del nome, cinque giorni di cammino prima di arrivare a Roma.
Lungo la Francigena c’è un eco-albergo, mi piace, decido di dormire li. Le stanze sono fortunatamente fresche. Domani visiterò la chiesa di Sant’Agostino, chissà, magari incontro l’Aldina…
Chi è l’Aldina? Un’istituzione di qui e, molto di più!
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