La prima parola che viene in mente una volta aperti gli occhi su Kuala Lumpur è contrasto.
La capitale malese sembra essere fondata sui contrasti, un insieme di culture diverse che coabitano e si fondo tra loro, lingue diverse che si sovrastano, grattacieli vertiginosi e templi antichi. Tradizione e modernità si affacciano per le strade di questa metropoli in via di trasformazione. Questo è quanto ha colpito il mio sguardo curioso da viaggiatrice.
Kuala Lumpur è stata la prima tappa di un viaggio che mi ha portato a visitare parte della costa occidentale della Malesia, una piccola isola della Thailandia e la futuristica Singapore.
Proprio Singapore sembra essere il modello al quale Kuala tende ad ispirarsi.
Infatti non passano inosservati i numerosi cantieri attivi sparsi qua e là per la città, chiaro segnale di una trasformazione. Nata come colonia di minatori cinesi, in 150 anni ha conosciuto una forte evoluzione che l’ha resa una moderna metropoli che ospita quasi 2 milioni di abitanti.
Gli anni Ottanta e Novanta hanno rappresentato il boom economico ed edilizio, ma non hanno cancellato completamente il passato. Il melting pot culturale, etnico e religioso è proprio ciò di cui la Kuala Lumpur va più orgogliosa. La religione islamica è la predominante sul territorio ma questo non impedisce di trovare in città, oltre alle moschee, chiese cristiane o templi buddisti, induisti e taoisti. Sembra regnare almeno in apparenza, la tolleranza, ma da quanto ho potuto vedere in questo mio viaggio anche in sostanza.
I grattacieli imponenti che coprono il cielo malese, prime fra tutte le Petronas Twin Towers che si elevano per 452 vertiginosi metri, si circondano di palme e alberi rigogliosi. Sono molti gli spazi verdi che si alternano ai grandi edifici e che danno un po’ di respiro alla capitale. Questa idea però senza dubbio è meglio realizzata in Singapore dove la giungla vivace si fonde con l’architettura moderna.
I contrasti si fanno vivi anche negli odori che aleggiano tra le vie caotiche e affollate della città. Si passa dal profumo degli incensi accesi nei luoghi di preghiera, ai fumanti banchetti di street food, ai banchi di frutta fresca che però non sempre vantano buoni odori. Mi riferisco al durian, il frutto tipico del paese connotato da un odore forte e, per i nasi non abituati, molto sgradevole.
E poi il caldo umido e appiccicoso che annebbia la mente, cancellato in un batter d’occhio dalle temperature glaciali dei negozi, dei ristoranti e della metro, dove l’aria condizionata sembra essere diventata uno sport olimpico.
E infine gli occhi e i sorrisi gentili degli abitanti dai toni orientali, spesso celati dal velo islamico.
Durante il mio soggiorno in queste terre mi è sembrato come se non stessi visitando solo la Malesia, ma contemporaneamente tanti paesi diversi con le loro culture e le loro tradizioni. Alla fine però ci si rende conto che è proprio questa l’essenza di questo meraviglioso Paese. Un viaggio dai mille volti.
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