Il Guatemala pullula di foreste pluviali che celano al loro interno numerosi segreti. Il paesaggio selvaggio e incontaminato ha infatti protetto per secoli reperti e rovine risalenti alle civiltà precolombiane, che dominavano i territori dell’America meridionale. Per archeologi e studiosi non è stato facile reperire informazioni su questa antica civiltà dei Maya che risale a circa 3000 anni fa, anche se l’avvento delle costruzioni dei monumenti sono avvenute intorno al 250 d.C., e questo si fa coincidere con l’inizio del periodo classico.
Ora, grazie alla deforestazione digitale, sono state scoperte centinaia di architetture Maya mai viste prima perché sommerse dalla folta vegetazione. Grandi passi avanti per gli studi archeologici che hanno potuto reperire nuove e importanti informazioni riguardo a questa popolazione.
Sono stati analizzati con questa nuova tecnologia 21.000 km quadrati dei famosi siti Maya, tra cui il più grande a Tikal ed El Zotz, dove è stata concentrata la ricerca. I primi archeologi che arrivarono a Tikal alla fine del XIX secolo dovettero camminare per diversi giorni nella fitta giungla prima di raggiungere la città perduta. Ad oggi la maggior parte degli edifici di questa antica città sono stati portati alla luce, come la Plaza dei Sette Templi, il Palazzo dell’Acropoli Centrale e il complesso del Mondo Perduto. Ma sotto alla rigogliosa flora della giungla si nascondono ancora molti altri templi, edifici e strade.
La mappatura ha portato alla luce più di 60.000 strutture sconosciute: dalle piramidi ai palazzi, da terrazzamenti a mura difensive e torrette, senza contare le abitazioni. Strade che collegano molti dei centri urbani del tempo suggeriscono anche che le città Maya erano più strettamente collegate di quanto si pensasse in precedenza.I ritrovamenti hanno inoltre fatto conoscere agli studiosi alcune pratiche agricole della popolazione del bassopiano che, nel periodo di massimo splendore, raggiunsero i 10-20 milioni di abitanti. Le nuove scoperte suggeriscono che i Maya usavano pratiche agricole più avanzate di quanto si potesse immaginare.
Grazie alle nuove tecnologie moderne i ricercatori hanno vita più semplice perché non devono affrontare la giungla alla ricerca di artefatti e rovine. Per poter vedere attraverso la vegetazione è stato messo a punto una nuova tecnologia chiamata LiDAR ((light detection and ranging), posizionata su un velivolo che si muove a bassa quota e può esaminare il territorio.
LiDAR (Light Detection and Ranging), è nata dalla collaborazione tra archeologi di Stati Uniti, Europa e Guatemala e la Fundación PACUNAM (Patrimonio Cultural y Natural Maya). Il progetto di scansione laser LiDAR o 3D ha mosso i primi passi negli anni ’60 per il rilevamento di sottomarini da un aereo. Attraverso la generazione di impulsi laser che attraversano le fessure tra la vegetazione, può esaminare grandi aeree. In questo modo, gli archeologi possono identificare le strutture costruite dall’uomo migliaia di anni fa.
Fino ad oggi il team, di cui fa parte Marcello A. Canuto, direttore del Middle American Research Institute di Tulane e Francisco Estrada-Belli, professore assistente alla ricerca e direttore del Holmul Archaeological Project, sono stato in grado di identificare oltre 60.000 strutture nella foresta di Petén di Guatemala.
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