Da Casablanca, che sarebbe dovuta essere l’ultima tappa di questo incredibile viaggio, ho invece preferito allungarmi a Chellah, un sito archeologico tra natura e storia, la cui decadenza è il suo fascino, la cui posizione di affaccio sulle rovine la sua grandezza.
Si scende per un sentiero che riflette un Sole Lunare, tutt’intorno i chiaroscuri di questa Natura impavida e selvaggia che odorano di fichi, olivi e fiori selvatici e contrastano immediatamente con le sovrastanti palme, questi scheletri grigi, composti nella loro solennità.
La composizione floreale si muove toccata da un semplice vento e in alto, annidati in cima ai minareti, i padroni di questo habit tropicale, una colonia intera di cicogne che, al rumore di voci sottostanti, fa sentire la propria presenza emettendo piccoli gridolii, suoni misteriosi che riecheggiano nella vallata, antichi e surreali.
Sembra una campagna ma non lo è. Sembra un giardino ma non lo è. C’è una calamità armonica tra la parte romana e quella islamica che si lascia cullare dal verde intorno, anche se, la necropoli merinide -ovvero di dinastia berbera- venne eretta per cancellare la precedente città di Sala Colonia, come era chiamata al tempo dei romani.
Chellah è un luogo denso, calpestarne la terra fa fare un salto indietro nel tempo, ogni sentiero conduce a un Tempio, a una Tomba, a una Medersa, agli stessi Minareti e a una Vasca, detta delle Anguille. Le donne del posto, ancora oggi, vi portano uova sode da dare in pasto alle anguille perché, secondo tradizione, essendo un pesce simbolo di fertilità, favorirebbe i parti.
Ci sono delle persone, sedute, un ronzio di api. Sembrano in attesa di qualcosa o qualcuno. Mi guardo intorno e eccetto i turisti e l’insediamento non c’è nulla. Forse guardiani, insieme alle cicogne, del sito archeologico o forse, chissà, semplici abitanti di un luogo senza confini.
Gli rivolgo un sorriso e con questo gesto, penso, sto salutando il Marocco.
Mi si addensa un luccichio negli occhi ma lo ricaccio, non posso che sorridere pensando ai chilometri fatti. E subito mi vengono in mente frammenti che non ho descritto e che, magari, sull’aereo avrò modo di ricucire per completare la storia di questo paese da cui mi sono lasciata attraversare.
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