Al pari di una donna, la Fontana delle Tartarughe, calamita molti sguardi e ammirazione.
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La fontana delle tartarughe avrebbe dovuto essere installata presso Piazza della Giudea ma il nobile Muzio Mattei ne deviò per sempre l’ubicazione, andandola a collocare in Piazzetta Mattei, sotto il palazzo appartenente alla sua famiglia.
Si narra di una leggenda che la vuole costruita in una sola notte per fare colpo sul suocero del Mattei che aveva avuto dei ripensamenti sul matrimonio del nobile con la figlia. Tuttavia è noto, invece, che ci vollero più di sei anni per la sua realizzazione.
È una opera scultorea bronzea, del tutto raffinata rispetto alle altre fontane di fine Cinquecento: i quattro efebi, esponenti della giovinezza, e i delfini, guizzanti dalle vasche, sono all’inizio i soli protagonisti della scena. E la conquistano. Soprattutto per la scelta fluttuante e giocosa dei movimenti.
È solo nel 1658, a seguito di un restauro affidato a Gian Lorenzo Bernini, che questi vi collocò le quattro tartarughe, a filo d’acqua, sopra la testa delle sculture. La loro aggiunta crea un nuovo gioco tra gli efebi, che sospingono le tartarughe nella vasca superiore, e i delfini.
Tre, delle quattro tartarughe originali, si trovano esposte presso i Musei Capitolini, per custodirle da mani improprie. Infatti, dopo essere state trafugate una prima volta, e poi recuperate, una di loro scomparve successivamente al suo ricollocamento.
La Fontana delle Tartarughe si trova in un’area pedonale che chiude il Ghetto Ebraico, il famoso Rione Sant’Angelo.
Un territorio che, un tempo, era collegato alla riva sinistra del Tevere -all’altezza dell’Isola Tiberina e del Ponte Emilio– per via dei traffici commerciali della famiglia Mattei. Questi, in cambio di manovalanza garantivano la protezione all’intera Comunità, una sorta di tacito accordo.
Dal Portico d’Ottavia passando per via della Reginella, forse unico luogo che ancora conserva quell’atmosfera ebraica andata persa nel Ghetto, si raggiunge facilmente la Fontana delle Tartarughe. Non si possono mancare le pietre d’inciampo e alcuni bassorilievi raffiguranti storie dell’Olocausto.
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